Sony presenta le sue batterie allo zucchero
Tokyo il 28-08-2007 | da redazione | Letta 1604 volteSe esistesse un concorso per l'eco-batteria più "dolce", quella di Sony avrebbe buone chance di vincere. Si tratta infatti una batteria biologica che, analogamente al processo metabolico di molti esseri viventi, genera elettricità dallo zucchero. Pensata come alternativa ecologica alle tradizionali batterie ricaricabili agli ioni di litio, la bio-batteria di Sony produce energia scindendo, per mezzo di enzimi, molecole di glucosio, uno dei composti organici più diffusi in natura. Al contrario dei più comuni tipi di fuel cell, dove le celle vengono ricaricate con metanolo, qui si utilizza una soluzione zuccherina. "Lo zucchero è una fonte di energia naturale prodotta dalle piante attraverso la fotosintesi", spiega Sony in un comunicato. "È dunque una fonte rigenerabile, e può essere trovata nella maggior parte delle zone geografiche: è dunque facile comprendere il potenziale delle batterie a base zuccherina come congegno del futuro per la produzione di energia eco-compatibile". Il prototipo di batteria, visibile nella foto a lato, fornisce circa 50 milliwatt di elettricità, una potenza sufficiente per alimentare un player audio portatile e un paio di piccole casse. La batteria sperimentale è composta da quattro celle, ciascuna della foggia di un piccolo cubo di circa 3,9 centimetri per lato: tale dimensione, relativamente ai dispositivi palmari, rende la batteria utilizzabile esclusivamente come fonte di alimentazione esterna. Questa è del resto una limitazione che accomuna al momento molte varianti di fuel cell. Sony sostiene che la sua eco-batteria potrebbe drasticamente ridurre l'impatto che l'attuale generazione di accumulatori ricaricabili ha sull'ambiente: molte delle sostenze chimiche e dei materiali utilizzati nelle odierne pile sono infatti tossici e di difficile smaltimento. Le tecnologie alla base della bio-batteria di Sony si trovano però ancora allo stato sperimentale, e per le prime applicazioni commerciali potrebbero volerci ancora molti anni. Tratto da puntoinformatico.it
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